martedì 21 aprile 2009

NUMERO DICIANNOVE

A SPASSO NEL TEMPO TRA LJUBLJANA E BELGRADO

Splende un bel sole e la temperatura è gradevole: atmosfera tranquilla, c’è aria di festa. Le strade sono gremite di polizia, che stende transenne, stoppando e deviando i veicoli: è sabato e si corre la maratona di Belgrado. Tutto sembra ordinato e tutto fila liscio sicché alle 10.30 ci si ritrova – prodotti della Pekara (forno) alla mano – a bere un caffè in un autogrill dell’autostrada, diretti in Croazia. Un po’ come in ritorno al futuro, con Federico nei panni di Doc e una 156 nera a fungere da macchina del tempo, nel giro di qualche ora (accompagnati dall’inconfondibile sound degli Elio e le Storie Tese) ci si ritrova a Zagabria, a circa 10 / 15 anni da Belgrado.

Pulita e ordinata, Zagabria è più Ljubljana che Belgrado: si respira un’aria europea, non solo per le bandiere blu con le stelle gialle che fanno capolino accanto a quelle locali. Privo di Jugo e Zastava (ma anche di Dacia) il traffico zagabrese sembra disciplinato nonostante noi ce la si metta tutta per rimediare una multa, tagliando involontariamente un semaforo palesemente rosso parcheggiando due minuti dopo in sosta vietata, ovviamente sotto gli occhi di un iper-ragionevole poliziotto che si limita a un perentorio rimprovero. Tram colorati e nuovi sfrecciano tra le fermate dotate di tecnologici pannelli che indicano i tempi di attesa delle varie linee: per fare il biglietto è sufficiente scrivere un sms. Elegantissimi anche i cani, tutti con collari e giacchine.

Sul tetto della chiesa di San Marco capeggiano i loghi del comune e della Croazia, disegnati da un caratteristico mosaico di tegole: siamo nella piazza principale della parte alta della città, da una parte c’è il Parlamento, dall’altra il Governo, mentre il comune dista poche decine di metri. A pochi passi dalle stanze dei bottoni, c’è un parco con una vista a 180° sulla città: le guglie della cattedrale tipicamente gotica (Santo Stefano d’Ungheria, che ricorda vagamente Notre Dame) dominano il panorama, composto essenzialmente da palazzi e palazzoni, edifici in mattoni e, qua e là, qualche chiesa (anch’esse in mattoni con campanili appuntiti: ricordano vagamente le chiese luterane danesi). Dal monumento equestre, fulcro della piazza Ban Jelačić – la piazza principale nella parte bassa – partono due caratteristiche viette piene di bar, pub, locali e ristoranti, fulcro della movida zagabrese: una si arrampica fino alla parte alta (in alternativa c’è una comoda funicolare) mentre l’altra porta alla cattedrale, attraversando la piazza del mercato. A pochi passi c’e’ un altro caratteristico mercato dei fiori.

Probabilmente il serbo non è la lingua migliore per approcciarsi alla gente, pena il siciliano “nzu” con il quale uno svogliato cameriere risponde alla domanda “possiamo pagare in Euro?”: benché seduti al tavolo di una pizzeria in pieno centro, il suddetto cameriere rifiuta anche di approcciarsi al tavolo per prendere le ordinazioni. Il senso di marketing non sembra esattamente sviluppato: se sabato pomeriggio molti negozi del centro sono chiusi manco fossimo a Copenhagen, la domenica l’iper-moderno centro commerciale rasenta il ridicolo, in quanto il complesso è aperto ma le saracinesche dei negozi sono sistematicamente abbassate.

Una delle prime connessioni che il viandante italico fa con la Croazia e’ il calcio, per cui uno dei primi nomi che vengono in mente è sicuramente quello di Zorro Boban: dopo una brillante carriera costellata di trionfi e trofei internazionali in maglia rossonera, Zvone ha deciso di appendere le scarpette al chiodo, ritirandosi dalla scena pubblica e dedicandosi prevalentemente alla famiglia. Ma anche alla gastronomia: il suo caffè-ristorante – che ovviamente porta il suo nome - propone prezzi ragionevoli, atmosfera elegante, servizio puntuale e – cosa fondamentale – cibo ottimo. Non lontano dal ristorante Boban, c’è la splendida piazza intitolata al Maresciallo Tito: e splendido è anche il teatro nazionale, circondato da giardini con bellissime composizioni floreali.

Il rientro a Belgrado avviene nella serata di domenica: dopo un buon piatto di pasta alle cozze, ci si è ritrovati a spalmare la Nutella su una colomba, regalata a Federico da un amico italiano. Ecco, questo è l’unico momento vagamente Pasquale del 2009: sia sull’ammiraglia a seguito dei ciclisti del Serbia Delta Tour (nel giorno in cui i cattolici ricordavano la Resurrezione) che nel weekend croato (nel giorno in cui toccava agli ortodossi celebrare la Pasqua), gli elementi Pasquali sono sostanzialmente mancati. Sarà per l’anno prossimo…

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