lunedì 16 marzo 2009

NUMERO SEDICI

DALLE MIMOSE AGLI 883, PASSANDO PER IL MARACANA

Mimosa fa rima con otto marzo festa della donna e con regalo alla maestra, alla più bella della classe, alla mamma, alle sorellina oppure eventuali fidanzate, amanti, mogli, colleghe, suocere e quant’altro. Le nostre città infatti, a partire dal 7 si tingono di giallo, con un venditore in ogni angolo. Per cui il viandante italico rimane sorpreso quando, sin da metà febbraio, le strade di Belgrado si tingono di giallo, con zingari e fiorai che cominciano a vendere il simbolo della festa della donna con sospettoso anticipo.

E il solito viandante italico, in compagnia di un amico viandante italico, si ritrovano in macchina alle 8 di domenica sera, a puntare gli splav. “Ma oggi è la festa della donna anche qua?”: gli si illuminano gli occhi “Certo!”. Carichi come batterie Duracell, i nostri eroi si ritrovano a passeggiare lungo il Danubio, cercando di selezionare lo splav migliore, anche se in realtà sembrano un po’ tutti desolatamente vuoti. Nessun venditore di mimose, nessuna donna mimosa-munita. E nemmeno indicazioni di feste, spogliarelli e quant’altro. Ci si ritrova così dentro il Sidro, baretto “alla buona”, con prezzi assolutamente popolari (un espresso a 60 dinari, mezzo litro di birra Helen a 90: con il cambio a 93 significa rispettivamente 64 e 97 centesimi di Euro): “è il pre-serata, poi ce ne andiamo o su un altro splav o in un club del centro…”. Ultime parole famose: a parte un po’ di movimento al Tramvail, un baretto con musica dal vivo di buona qualità, la città è decisamente morta, nonostante sia domenica e nonostante sia l’otto marzo. E nonostante i due eroi abbiano girato almeno dieci locali.

Calava così il sipario su un deludente weekend, piovoso e grigio a partire da venerdì sera: Murphy docet. Perché da mercoledì a venerdì, e anche per buona parte di lunedì, su Belgrado splendeva un tiepido sole, quasi primaverile. E’ stato un weekend negativo un po’ per tutti, a quanto pare: evinco ciò dalla chiacchierata con Daria, ragazza udinese appena arrivata nello studentato (ma con una precedente esperienza belgradese, lo scorso anno), che ha lavorato sulla tesi, e con Ben, il mio nuovo compagno di stanza, che ha passato sabato e domenica sera a guardar film assieme a un austriaco. Il paradosso è che io e Daria parliamo in inglese - alla faccia dei luoghi comuni sugli Italians – con Ben che risponde a Daria in serbo, nonostante Ben sia inglese 100% (Ben è uno dei pochi inglesi plurilingui). In compenso i banchi dei fiorai sono ancora brillantemente gialli.

Scrivo Italians e guardo il piatto che mi ha regalato Beppe Severgnini, in quanto organizzatore della MCII pizza-Italians, organizzata venerdì 13 Marzo a Belgrado. Personale dell’Ambasciata e dell’Istituto italiano di cultura (con tanto di eventuali mogli/madri), giornalisti e fidanzati, rappresentanti delle delegazioni regionali/organizzazioni internazionali, manager di banche/assicurazioni/FIAT, imprenditori, professori e gli immancabili “stagisti”: forse mancano solo le ONG, per il resto il ritratto degli Italians di Belgrado sembra essere decisamente fedele. La pizza è buona, l’atmosfera elegante, ma anche rilassata e informale e “cozy”: un discreto lavoro di preparazione nelle scorse settimane con il management del ristorante, il cui servizio è inappuntabile, e l’attenta regia di Beppe, abile a curare gli ultimissimi dettagli, rendono piacevole la serata e tutti – all’uscita – hanno espressioni soddisfatte e sorridenti. Nemmeno il conto - oltre 56.000 dinari, da dividere in 38 quote – crea alcun problema.

La pizza è il momento clou del weekend belgradese di Severgnini, ultima tappa di una settimana trascorsa tra Bucarest e Sofia: ho avuto modo di parlare molto con lui, tirando fuori le difficoltà si chi, nato nel 1982 da genitori abruzzesi - terza media lui e quinta elementare lei – trapiantati a Milano in virtù del “posto fisso” nelle ferrovie, cerca di trovare un posto al sole sentendosi costretto ad andar fuori da un’Italia, più che mai ombrosa e cupa.

Se la lettrice liquidava sprezzante “Quando cominci a lavorare?” il racconto dettagliato delle pregresse esperienze di vita (stages, volontariato e studio) in sei paesi negli ultimi tre anni, Beppe reagiva con naturale disinvoltura: “hai tutta la mia ammirazione, hai fatto una serie di scelte giuste e coraggiose che prima o poi, quando meno te lo aspetti, ti saranno ripagate. Il problema è che voi siete una generazione sfigata: come se non bastasse, è arrivata anche la crisi. Pure tu però ti vai a laureare in scienze della comunicazione…”.

Se dal vivo sembra un ometto silenzioso, distratto e schivo, quando Beppe trova una platea da intrattenere, si trasforma completamente, rapendo tutti con le sue storie, i suoi aneddoti e intelligenti battute. E’ andata così nell’incontro alla mediateca dell’Istituto (giovedì, giorno in cui Vidic era su tutte le prime pagine dei giornali serbi), è andata così nella lezione in università, in cui tratteggiava un ritratto, a mezza via tra il serio e il faceto, della nostra cara Italia.

Ed è stato divertente anche andare, assieme a Maya – simpaticissima giornalista locale – a vedere l’anteprima della mostra con la collezione dei regali ricevuti da Tito (prossima all’apertura) e soprattutto è stato divertente vedere l’entusiasmo di Beppe quando l’ho portato nel mitico Maracana, lo stadio della Stella Rossa, nel quale Beppe ha anche comprato qualche gadget, in omaggio al passato di Dejan Stankovic, padrone del ristorante che ha ospitato la nostra pizzata.

Ridendo e scherzando, se n'e' andato un altro weekend...va via col telegiornale il weekend...cosi poi aspetteremo il weekend...convinti che sara' il migliore....dei weekend!

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