lunedì 24 novembre 2008

NUMERO TRE

DOMENICA POMERIGGIO

Deambula con fatica, zoppicando poggia il bastone e caracollando sale il primo scalino. Lo forzo continua, la gente si scansa per agevolare il passaggio finché anche il secondo è andato. Nemmeno il tempo di mettersi in piedi appoggiandosi a un palo che un ragazzetto si alza per cedere il posto. Vecchio o vecchia che sia, la procedura è frequente e ben oleata: sui tram e sugli autobus belgradesi il fair play regna sovrano, anche con le donne, specialmente se pargolo-munite. Anche perché non di rado capita che il tram sia costretto a repentine inchiodate capaci di scaraventarti tre o quattro metri in avanti. Ogni volta che si libera un posto, scatta un gioco di sguardi prima dell’appropriamento, normalmente a pannaggio del più anziano/a. Nonostante sia parecchio incasinata sotto ogni punto di vista, Belgrado rimane una città civile ed educata. Anche di notte mentre si cammina per le strade – tendenzialmente illuminate – non si ha paura: forse perché non c’è nessuno che all’improvviso sbuca da dietro un lampione gridando “Cù cù!” (quest’ultima frase l’ho letta su un “pizzino comunista”).

Pensavo proprio questo in una noiosa domenica pomeriggio sul tram numero 7 mentre, senza una meta, scendevo giù lungo Bulevard Kralija Aleksandra, uno stradone ricco di negozi e attività commerciali ma anche di venditori ambulanti, che espongono sui loro bancali ogni genere di prodotti (oltre al tradizionale campionario composto da cd, vestiario, libri, fiori, verdure, frutta e cibo vario, anche inscatolato e di marca, non mancano vari tipi di oggettistica come detersivi, saponi, caramelle, cioccolate, prodotti per la casa, sia “di marca” che senza logo). Nel centro di Belgrado mancano i centri commerciali in compenso abbondano i mercati di quartiere: il tutto ha una sua logica, se si considera che la Serbia è un paese sostanzialmente agricolo, il cui tessuto economico è formato da aziende piccole e piccolissime (discorso valido anche per la distribuzione, evidentemente). Il tram è arrivato al Parlamento, si gira a sinistra: non ho voglia di passeggiare su Kneza Mihailova (strada pedonale dietro il Parlamento da cui si arriva alla fortezza medievale, che domina la città guardando sull’intersezione tra Sava e Danubio) sicché proseguo la corsa.

I negozi di calzature (soprattutto stivali) sono veramente tantissimi ed è curioso notare quanti banchetti di lucida-scarpe si possano trovare lungo i marciapiedi belgradesi: mi dicevano che – oltre che per le macchine – una grossa influenza italiana in Serbia è legata proprio alle calzature. Altra attività che domina incontrastata in Serbia è la “Pekara”, che sforna ogni genere di ghiottoneria – dolce e salata – a tutte le ore: economiche e spesso di buona qualità, il piatto forte è il celeberrimo burek (torta salata ereditata dai turchi a base di formaggio e olio, buona ma pesante), pizze (ovviamente con Ketchup al posto del pomodoro, tuttavia senza ananas), “sarajevske” (morbide focacce a forma di “bastone” con lunghezza e condimenti variabili), cornetti (anche qui dolci e salati), kifle (“pancakes” dolci e salati) e ogni genere di panino. Non si contano nemmeno le “menjacnica”, che si legge all’incirca “megnazniza”, che letteralmente suona tipo “cambio”. D’accordo in centro, per i turisti, d’accordo alla stazione ferroviaria, per i viaggiatori, ma Belgrado è piena zeppa di uffici per il cambio-valuta (ce ne sono almeno due anche nella vietta dove abito, che tutto può essere considerata tranne che turistica): probabilmente le recenti crisi con conseguente inflazione galoppante spingevano continuamente i belgradesi a convertire salari e risparmi – ma anche pochi spiccioli – in Marchi, Dollari o altre “valute forti” (famoso il caso della banconota da 50 dinari che, lungo gli anni ’90 è rimasta intatta nel design, ma è arrivata a includere ben nove zeri arrivando a 5 000 000 000 e celeberrima è anche la banconota da 500000000000dinari, risalente sempre ai ‘90). Poco fa un usciere dello studentato mi indicava i salari dei lavoratori rigorosamente in Euro, indicando che nelle ultime tre settimane il cambio è passato da 84 a 90 dinari: è una bella perdita, sottolineava. Il suo ragionamento sottende che tutt’oggi i belgradesi preferiscono gli Euro sonanti al povero dinaro: sostanzialmente in tutti le ricevitorie per lotto e bingo si cambiano anche le valute.

Mentre il Partizan sta strapazzando l'OFK Belgrado in un derby capitolino (finirà 5-1), il tram ha sorpassato anche la stazione dei treni e il ponte portandomi a Novi Beograd. Il colpo d’occhio è notevolmente diverso: palazzoni e strutture futuristiche, tanto verde e spazi aperti, Novi Beograd sembra più pianeggiante e notevolmente più moderna di Belgrado. Intravedo il Delta City, sicché decido di scendere per dare un’occhiata.

Elegante, curato e pulito, il Delta City non ha niente da invidiare ai nostri moderni centri commerciali: sembra un “piccolo Gum” nel quale non mancano marche grandi e piccole (Tommy Hilfiger, Adidas, Nike, Guess, Replay ma anche Fratelli Rossetti, Zara, Sephora, Calzedonia e via discorrendo). Anche l’Iper Maxi – il Supermercato - sembra molto più fornito dei Maxi ordinari in tutte le categorie merceologiche: la musica mi suona familiare, ma non capisco come mai. Arrivato in cassa rimango piacevolmente sorpreso della velocità della cassiera, nonostante la cliente che mi preceda decida di pagare con carta di credito. Mentre esco mi si accende la lampadina: le canzoni sono italiane ma cantate in serbo! C’è tanta gente che passeggia, entra nei negozi, guarda la merce e spesso acquista nonostante i prezzi siano almeno in linea con i nostri: noto che la sproporzione donne/uomini è meno pronunciata che altrove, un po' perché la maggior parte della clientela è composta da nuclei familiari, e un po' forse perché il potere d'acquisto rimane concentrato nelle mani degli uomini. Mi sorprende di più l’imbattermi, di tanto in tanto, in canzoni italiane nei negozi che il prezzo della BMW Limousine in esposizione indicato in Euro (attorno ai 35.000). Salgo su fino al terzo piano, e anche qui rimango colpito dall’eleganza dell’ambiente: un cinema multisala, diversi fast food, un bowling, una sala-biliardo, diverse sale giochi e uno spazio per i bambini fanno la felicità di grandi e piccini.

Nel frattempo il buio è calato su Belgrado, sicché decido di rientrare a casa: è tempo di recuperare energie, domani è lunedì, c’è già un’altra settimana belgradese che mi aspetta…

Nessun commento: