giovedì 20 novembre 2008

NUMERO DUE

DENTRO O FUORI?

Tram che sferrazzano, rombi di motori, polvere alzata dalle gomme nelle partenze in salita, colpi di clacson, tamponamenti all'ordine del giorno. Nonostante i poveri poliziotti, pettorina gialla, palettina rossa e fischietto in bocca, si impegnino a fondo per favorire un "normale" flusso di veicoli, talvolta anche indirizzando i perplessi automobilisti sulle “preferenziali” dei tram, verrebbe da dire che "il vero problema di Belgrado...è il traffico". Sembra infatti che le arterie principali che varcano il paese - sia su ruota coperta che ferrata - passino scientificamente dal centro della città intensificando il traffico cittadino, figlio della crescita esponenziale del numero dei veicoli nella capitale serba degli ultimi anni. Le colline non aiutano una normale pianificazione dei trasporti, sicché l’unica linea di metropolitana include solo due stazioni (esatto, ci siamo capiti: va da A a B e viceversa).

Sulle strade belgradesi le "titoiste" Zastava e Yugo recitano la parte del leone, tuttavia non mancano modelli seminuovi e nuovi: in quest'ultima categoria spopolano le Dacia, macchina "low cost" romena affiliata al gruppo Renalult (la poderosa crescita dell’economia romena si fa sentire anche da queste parti). Salta immediatamente all'occhio l'assenza di Trabant e Zhiguly, ancora vive e vegete in tutto l’est europeo, e l'occhio italiano non può non sorprendersi di quanto le Zastava e Yugo ricordino celeberrimi modelli Fiat come 500, 600, la Bianchina di Fantozzi, il 131, 127, il 128...Sulla "nuova punto" Zastava addirittura c'è esplicitamente scritto "licensed by Fiat". Le Yugo e le Zastava costavano poco ma si rompevano sempre”, racconta sorridendo Sasa.

Anche solo osservando il parco auto si arriva a dedurre che infondo il confine con l'Italia (per cui l'occidente )nel passato era sì chiuso, ma infondo anche aperto, al pari del confine con l'Est Europa, sì aperto al contempo anche chiuso.

E “confine” è sicuramente una delle parole-chiave per capire la regione. Un tempo ultimo avamposto d'Europa di fronte all'invasore ottomano, lungo la Serbia corrono anche i confini interni al mondo cristiano che separano l'ortodossia dal cattolicesimo. Sul piano della scrittura, l'adozione simultanea di due alfabeti pone la Serbia a mezza via tra i “cirillici” macedoni e bulgari e tutti gli altri “vicini”-“latini”: parificare due sistemi di scrittura è impossibile, sicché i documenti ufficiali sono redatti in cirillico, con la benedizione della chiesa ortodossa e delle componenti nazionaliste, anche se il latino rimane largamente utilizzato, sulle targhe delle automobili, per rimanere in tema, che qui son tutte targate Bergamo.

E ricco di confini appare oggi anche il panorama Jugoslavo: quello che fu il paese di Tito è oggi diviso in almeno sei stati indipendenti. Senza considerare il confine "virtuale" che separa Serbia e Kosovo, ufficialmente ancora non riconosciuto da Belgrado. Eccetto la Slovenia, tutta la ex Jugoslavia rimane al di là del confine dell'Unione Europea. E qui si materializza un curioso paradosso della storia: se una volta ai serbi toccava difendere l'Europa (nello specifico Vienna) dagli invasori ottomani (nello specifico turchi), oggi i negoziati di adesione all’Unione, preludio all'apertura del confine dell'Europa, sono una realtà per la Turchia e una chimera per la Serbia.

Il Danubio, che oggi separa Novi Beograd da Belgrado, un tempo divideva l'impero austroungarico da quello turco. Ragion per cui, probabilmente, le rotte stradali passano attraverso la capitale, rendendo il traffico discretamente caotico.

E’ difficile raccontare oggi Belgrado ed è difficile raccontare la Serbia. Perché è dura tracciare un confine tra “presente” e “passato”, ma forse ancor più duro è tracciare quello con il futuro. Parole come “Tito” e “Kossovo” sembrano ancora in grado di animare le folle, forse meno numerose di un tempo, mentre l’Europa con le sue istituzioni appare in qualche modo lontana, anche a coloro i quali sembrano poter intravederne i benefici e che si prodigano per promuoverne l’immagine.

I dati macroeconomici di inizio 2008 sembravano anche positivi, in qualche modo, per la Serbia: il Pil cresceva dell’8.2%, l’inflazione scendeva al 6.1%, i salari crescevano “in termini reali” con il tasso di disoccupazione in calo al 19%. Considerando che i servizi compongono il 66% del Pil e che la stragrande maggioranza del mercato è composta da imprese medie, piccole e piccolissime, si può dedurre che Belgrado rappresenta la poderosa crescita (del Pil e dei salari) mentre il 20% dei disoccupati risiede nel resto della Serbia (escludendo la Vojvodina, probabilmente). Più che dei destini della JAT, compagnia di bandiera in via di privatizzazione, viene da chiedersi quanto peserà l’investimento “europeo” Fiat-Iveco sottoscritto con la Zastava, magari in relazione con “l’accordo del gas”, che cede alla Gazprom la Nis Petrol, in cambio di cospicui rassicuranti investimenti nel settore energetico. Ancora una volta a mezza via, ironia della sorte, nel bel mezzo di una crisi internazionale, per giunta.

“…E pensare che volevo scrivere qualcosa di divertente e spensierato” penso, mentre rileggo quanto scritto finora. E immagino le facce dei miei cari amici lettori, che si aspettavano di capire se valga la pena o meno di preparare passaporto, armi e bagagli e di rischiarsela su un volo Jat per vedere…la cattedrale di Santa Sava. Ebbene l’osservazione “spannometrica” per le vie belgradesi sembra denotare una chiara influenza del recente passato sulla composizione demografica della popolazione, non tanto perché manca una generazione maschile (all’incirca tra i trentacinquenni e i quarantacinquenni) quanto perché il genere femminile sembra largamente dominante (come conseguenza).

Altissime anche senza tacchi, spesso con gli stivali ai piedi, per le vie di Belgrado è incredibile notare quante ragazze passeggino tranquille per le strade (anche di notte e non per professione) e come siano poche quelle brutte, anche se rimangono poche anche quelle veramente belle: un esercito di ragazze semplicemente normali, poco inclini ai capricci della moda, carine, sorridenti. e con la faccia pulita, Mi dilungherei oltre ma mi rendo conto di essere andato veramente lungo con questo secondo numero.

Ci sei rimasto male? Dai, non fare così, tanto son sempre qui, non scappo! www.corrieredellaserbia.blogspot.com ! Dillo ai tuoi amici!

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