lunedì 27 aprile 2009

NUMERO VENTI

DAL CUORE SERBO ALLA CAVIGLIA ITALICA

“Milosevic? Avrebbero dovuto dargli il Nobel per l’ecologia: durante le sanzioni si è bloccata tutta l’economia, fabbriche comprese, sicché i fiumi son tornati a essere assolutamente puliti”: sorride il padrone di casa, indicando il fiume che, beato e tranquillo, scorre alle sue spalle. Siamo a pochi passi da Ada Ciganlija, ospiti a pranzo dalla famiglia di Lana e Vanda, due studentesse di italiano, che possiede un piccolo splav sulla Sava.

Nemmeno il tempo di arrivare e consegnare un mazzo di fiori alla signora, che ci si ritrova a brindare con un bicchiere di rakia: da queste parti la grappa è un aperitivo, per cui va gustata a stomaco vuoto per godersi il pasto. Tempo di dar un po’ di briciole di pane in cibo alle papere, ai cigni e alle anatre selvatiche che accorrono numerosi, che il cibo è pronto. Benché tutti avessero messo le mani avanti con un “non è facile cucinare la pasta agli italiani”, in realtà gli spaghetti al ragù, per quanto l’abbinamento possa sembrare bizzarro, sono decisamente buoni: “scusateci, ma noi li condiamo con il ketchup e li mangiamo assieme all’insalata” dicono sorridendo i nostri commensali. E dopo l’insalata – come per magia – arrivano una torta di formaggio, salame bulgaro e montenegrino, petti di pollo, uova sode, prima della torta gelato, guarnita con gelato e marmellata. Il tutto in dosi più che abbondanti.

Ovviamente si parla molto di quanto sia splendida l’Italia, del talento di Carosone; poi ci raccontano anche del loro ristorante e di quando – durante le riprese di Quo Vadis – Massimo Ranieri e Sofia Loren cenavano da loro. E di quanto Ranieri apprezzasse sia la discrezione del ristoratore (che tenne lontani giornalisti e curiosi) che la palacinka (pancakes o crepe), ribattezzata da Ranieri “paladieci!“. “Non dovevate disturbarvi così tanto” dice Federico ai genitori, ma la mamma, con aria bonaria, ci risponde che “le nostre figlie ci hanno parlato bene di voi, hanno detto che siete due ragazzi bravi e colti, per cui per noi è un piacere…”. “Cultura? Non basta lavorare all’Istituto di Cultura per essere uomini di cultura!” irrompe il padre: risate generali. Io e Federico sottoscriviamo e condividiamo.

E mentre il padre torna a lavorare sullo splav (che è nuovo, ma da ristrutturare), Vanda e Lana lavano i piatti mentre la madre porge a me e a Federico due sdraio, un tavolino con dolci fatti in casa e due caffè turchi. Chiediamo se serve aiuto, ma ci intimano di rimanere seduti a goderci il sole manco fossimo autentici belgradesi. Ci guardiamo increduli pensando a quanto sia dura la vita degli insegnanti di italiano…a Belgrado! Sorridiamo pensando a chi passa le sue giornate archiviando fatture, facendo fotocopie e incrociando tabelle di excel, magari in un umido ufficio italiano. La musica tranquilla in sottofondo, il riflesso del sole sul lago, la pace regna sovrana. Al momento dei saluti arriva l’invito per la replica: “passate pure a trovarci, noi siamo spesso qua: la prossima volta portate il costume, abbiamo una barca e andiamo a fare un bagno al largo!”.

Pensare che avrei voluto scrivere un post sulla supponenza con la quale i serbi ridono quando gli si dice che “noi si va a Zagabria per il weekend”: “ma che ci vai a fare? E’ piccola, noiosa, non succede niente!” e poi i croati parlano sempre con la “gl” dicendo Mgliiiiieco e non Mleco (che poi significa latte). O della leggerezza con le quali i serbi ridono ogni volta che vengono nominate “Romania” e / o “Bucarest” (da queste parti non è chiaro che il mercato romeno, parte dell'Unione Europea, e' circa il quadruplo – sicuramente più del triplo – di quello serbo e che Bucarest, città con quattro linee di metropolitana, è circa il doppio di Belgrado.

Ma non ci sono riuscito. La Serbia è davvero un paese strano, senza mezze misure. Un paese immobile, statico, lento, rilassato, conservatore, contadino, provinciale. Ma anche un paese popolato da gente semplice, genuina e dal cuore grande e buono. Un paese relativamente povero ma al contempo sicuro e privo di criminalità. Un paese che vive e lascia vivere. Un paese che trova sempre una soluzione e non perde occasione per sorridere, per godersi la vita, per gioire delle piccole cose. Un paese pieno di giovani donzelle che, in tempo di primavera, complice il caldo, diventa difficile da gestire.

Un paese nel quale il nostro eroe ha addirittura ricominciato a fare sport, dopo la borsite degli scorsi mesi. Un paese che sabato sera al Plastic (come definirlo…Discoteca? Carnaio? Senza musica serba? Ci piace, anche se il celeberrimo omologo milanese sembra abbastanza diverso per impostazione e struttura) ho incontrato tre studentesse del gruppo principianti (sono incredibilmente riuscite ad azzardare una presentazione più che decente al Federico, colpito soprattutto dall’amica delle due). Un paese nel quale si pensa polemicamente che d'accordo che con i se e con i ma non si scrive la storia, tuttavia senza quel gol di mani di Adriano e senza la rapina di Siena...

1 commento:

Charlie ha detto...

minchia il Plastic...a "carnaio" ho sorriso, è proprio così! E che dire del Povetarac d'estate? o il klub Skala? Babba bia... p.s.: io in Italia non mi azzardo nemmeno ad entrare in una "discoteca"